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Montezemolo: «Il Ponte? Una cravatta senza camicia»

Catania. Per un arbiter elegantiarum come lui la cravatta - oltre che un'essenza - è uno strumento di comunicazione. Luca Cordero di Montezemolo passeggia a Catania, accompagnando per mano i candidati siciliani della Lista Monti. E brandisce, più volte, l'accessorio maschile per eccellenza. Prima quando il rettore uscente Toni Recca, candidato con Scelta Civica! al Senato, gli regala la cravatta ufficiale dell'Università di Catania (un discutibileregimental di un vago color pastello, con piega non stirata) e lui, il presidente di Italia Futura, si toglie dal collo la sua (Marinella?) blu con eleganti quadratini bianchi per indossare il gadget. Poi quando, parlando dell'incompiuta delle incompiute, Montezemolo parte da una metafora per descrivere la sua idea di sviluppo in Sicilia: «Il Ponte sullo Stretto? È come parlare della cravatta senza avere la camicia. Prima bisogna pensare alle infrastrutture, alle autostrade, alle ferrovie, che tra l'altro sono fondamentali se si vuole veramente parlare del turismo, ma sono fondamentali per l'agriturismo e l'agroindustria». E poi l'amara conclusione: «Oggi la situazione delle merci in Sicilia e in Italia è terribile via treno, sei costretto a farlo via gomma. Bisogna aprire una vera concorrenza anche sulle tratte regionali ed investire sulle infrastrutture».

Ma c'è anche un'altra Sicilia, nel pantheon dell'ex presidente di Confindustria: «Io questa terra l'adoro - racconta - da quando la visitai in motocicletta a diciott'anni. Da quel momento in poi sono sempre venuto fino all'estate scorsa, prima a Marzamemi e poi nel Ragusano da Guccione. Ho decine di amici veri, qui. E sono un profondo conoscitore: provate a farmi delle domande, so rispondere a tutto».
Giornata elettorale catanese, ieri, per il presidente di Italia Futura, fondazione che è fra gli "azionisti" politici di Scelta Civica con Monti per l'Italia. Il ciuffo più famoso d'Italia arriva poco dopo le 11, assime all'amico-candidato Ettore Artioli, e ad attenderlo ci sono tutti gli aspiranti deputati e senatori siciliani. C'è anche un po' di gente. Incuriosita dallo spiegamento di telecamere, ma anche dallo spessore del personaggio. Qualcuno ci resta un po' male: «Ma è Montezemolo senza Monti? Peccato, perché se c'era quell'altro una palora - e qui il tono si fa vagamente minaccioso - gliela volevo dire... ». Ma ci sono ! anche i tifosi di Formula 1: «Presidente, che fa la Ferrari quest'anno? Non è ca fitemu (traduzione eufemistica: non raggiungiamo risultati ottimali) come l'anno scorso? ». Lui non si scompone: «Guardate, ragazzi: siamo l'unica squadra che arriva seconda per due anni consecutivi e lo considera un fallimento... Ma quest'anno andiamo forte! ».
Forte come la convinzione di rappresentare l'unico vero elemento di novità nel caotico agone di queste elezioni: «Sono esterrefatto nel sentire ogni mattina proposte da politici che sembrano arrivati ieri da Marte e sembrano non aver avuto ruoli fondamentali nel disastro della Seconda Repubblica. Se non ci fosse la lista Monti, che porta anche a un vero cambiamento di parte della politica coloro i quali sono stati protagonisti del fallimento della Seconda Repubblica diventerebbero i gestori della Terza».
Deluso chi aspettava rivelazioni sul patto Bersani-Monti: «Sento tanto parlare di alleanze ma le alleanze si fanno con! chi è d'accordo sulle cose. Le alleanze sul nulla le trovo un esercizi! o di vecchia politica». È (quasi) d'accordo anche il signor Lanzafame, anarchico e rompiballe esistenziale, noto ai frequentatori di piazza Università per il suo lungo pernottamento dentro una "500" color aragosta: «Viva Montezemolo! Ma non come politico! Resti fuori da quella gabbia di matti».
Una ragazza sfugge al controllo del suo fidanzato per stringere la mano a LCdM. «Ma è davvero bello - si lascia scappare la sventurata - e poi è anche cordiale. Un vero gentiluomo». Continua - tra una stretta di mano al venditore di bomboloni e una sosta al bar - il cammino verso la convention al Metropolitan. Montezemolo aggiunge una ricetta economica: «Sento tanto parlare di crescita, ma vedo fare poco. Se lo Stato non privatizza, non attiriamo investitori stranieri. Fare impresa è complicato. Troppa burocrazia, troppi vincoli». Il vecchietto che aspettava Monti non è ancora persuaso: «I carnefici vengono a osservare le vittime», chiosa. Sospirando, prima di scomparir! e con passo affannato.
Mario Barresi - La Sicilia Domenica 10 Febbraio 2013 Il Fatto Pagina 4